Si parla molto in questo periodo di welfare aziendale, nello specifico di fringe benefit che sono uno degli strumenti con cui si concretizzano i piani di welfare, ma non il principale né il più importante. 

I fringe benefit sono stati oggetto del maggior numero di modifiche e aggiornamenti da parte del legislatore negli ultimi due anni. Quest’anno addirittura due provvedimenti, uno del governo Draghi e il secondo del nuovo governo Meloni appena insediato.

Entrambi hanno individuato nei fringe benefit, sotto forma di buoni acquisto, gift card o importi per il pagamento/rimborso delle utenze domestiche, lo strumento da utilizzare per venire in aiuto dei cittadini, in modo rapido e concreto, nell’affrontare il caro dell’energia e il conseguente aumento dell’inflazione e delle bollette.

Il primo provvedimento ha aumentato la soglia di detassazione dei fringe benefit da 258,32 euro (prevista dal TUIR, ossia la principale legge che ne regola gli aspetti) a 600 euro, innalzati poi a 3.000 euro con l’ultimo DL Aiuti-quater dell’attuale governo.

Ovviamente questo provvedimento, che ha enormemente aumentato la soglia dei fringe benefit, ha attirato l’attenzione e i commenti da parte di molti, operatori del settore e non. 

Tra i vantaggi individuati, la possibilità di utilizzare uno strumento una tantum per alleggerire il peso delle spese che i cittadini si trovano ad affrontare in questo periodo, sempre che le aziende siano disposte a concedere fringe benefit e in quale misura. Il lavoratore può quindi scegliere se destinarli all’acquisto di beni o servizi, oppure al pagamento delle bollette di acqua, luce e gas naturale. E il valore destinato dal datore di lavoro potrà essere spendibile in toto, e non al netto di tasse e contributi in quanto i fringe benefit sono totalmente detassati sia per il datore che per il lavoratore. Abbiamo sottolineato la condizione che questo sia uno strumento di tipo emergenziale una tantum e che quindi, come previsto, si riferisca solamente al 2022.

Questo perché, se dovesse venire confermato anche per il 2023, avrebbe delle conseguenze temute perché capaci di stravolgere la natura stessa del welfare aziendale e i principi su cui si basa.

Facciamo un passo indietro per comprendere meglio come un innalzamento della soglia dei fringe benefit potrebbe avere un tale effetto.

Tutti i fringe benefit sono welfare ma non tutto il welfare è fringe benefit

Il welfare aziendale, così come concepito dal TUIR nel 1986, è nato con una profonda identità di beneficio sociale. Quindi uno strumento per aumentare il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie, venire incontro alle esigenze primarie di salute e cura, attraverso misure di ausilio nei campi della previdenza complementare, assistenza sanitaria integrativa, sostegno alla cura dei familiari anziani o non autosufficienti, per citare le più importanti. 

Detto questo, concentrare sforzi, attenzione ed investimenti solo sui fringe benefit (la parola stessa, “fringe”, esprime l’aspetto accessorio, come “frangia”, “qualcosa in più”) rischierebbe di far passare in secondo piano formule sì meno semplici ma anche meno semplicistiche di welfare aziendale, più utili a raggiungerne gli obiettivi ed esplicarne i valori fondamentali.

Obiettivi che sono propri anche delle aziende perché, con piani welfare ben concepiti e strutturati, si possono ottenere importanti vantaggi che vanno al di là della deducibilità fiscale e del risparmio contributivo quali: miglioramento del clima aziendale con conseguente aumento della produttività e della qualità delle prestazioni lavorative, riduzione dell’assenteismo e del turnover, maggiore capacità di trattenere i talenti all’interno del proprio organico e una migliore immagine e reputazione aziendale con conseguente aumento della talent attraction, ovvero la capacità di attrarre le migliori risorse per la propria azienda.

Per questo, sebbene lieti dell’interesse che il welfare aziendale ha destato nel governo e dell’attenzione datagli come strumento di aiuto per affrontare un periodo economicamente difficile, concordiamo che sia uno strumento più completo ed elegante e auspichiamo debba essere oggetto di norme migliorative differenziate, che non dimentichino la sua stessa natura e che invece ne aumentino la capacità di creare valore non solo economico ma anche sociale.

Ricordiamo che il welfare aziendale vero, fatto di piani articolati, si sviluppa sulla base dell’ascolto dei lavoratori per costruire piani che portino al raggiungimento degli obiettivi aziendali attraverso la soddisfazione delle esigenze e delle necessità primarie dei lavoratori. 

Per introdurre un piano di welfare che porti dei benefici sia alla tua azienda che ai tuoi collaboratori anche nel medio e lungo termine, affidati ai nostri servizi, modulabili in base alle tue esigenze.

Riferimenti normativi: