Il gender gap rappresenta ancora oggi una sfida mondiale. Ecco di cosa si tratta e come le politiche di welfare aziendale possono aiutare a colmarlo.

I diversi aspetti del gender gap 

Per gender gap si intende la disparità di trattamento tra uomini e donne in vari ambiti, in particolare sociale e professionale. Dobbiamo al World Economic Forum (WEF) una delle definizioni più complete e studi approfonditi che monitorano il suo andamento, misurandolo attraverso il Global Gender Gap Index.

L’Indice globale del divario di genere, dal 2006 valuta lo stato attuale e l’evoluzione della parità di genere in quattro dimensioni chiave (partecipazione ed opportunità economiche, istruzione, salute e sopravvivenza e potere politico).

Tra gli altri, considera fattori come la partecipazione delle donne alla forza lavoro, la parità salariale per lavori simili (gender pay gap), la stima del reddito da lavoro, la loro presenza in posizioni strategiche quali legislatori, alti funzionari e dirigenti, parlamentari e ministri.

Nel 2022, il Global Gender Gap Index ha messo a confronto 146 Paesi, fornendo una base per una solida analisi internazionale. I punteggi si basano su una scala da 0 a 100 e possono essere interpretati come la percentuale del divario di genere che è stata colmata. 

Globalmente è emerso che il divario tra i sessi è stato colmato del 68,1%. Purtroppo, all’attuale ritmo di progresso, ci vorranno 132 anni per raggiungere la piena parità. Chi ha fatto meglio di tutti è l’Islanda, al primo posto con 90,8%. Se consideriamo il nostro Paese, le cose non vanno molto bene. Il punteggio è infatti di circa il 72%, ponendo l’Italia al 63mo posto (insieme a Bolivia, Perù e Bangladesh). 

Questo è un dato che fa riflettere e che impone a chiunque di impegnarsi per accelerare questo trend verso il raggiungimento della parità.

Perché il gender gap è dannoso per la società

Le cause del gender gap sono diverse, ma in prevalenza culturali. Alla base, il perpetuarsi di una relegazione della donna ai ruoli di madre e di tutela della casa e della famiglia. Ruoli dai quali le donne stesse, spesso, non riescono a liberarsi. A questo si aggiungono la mancanza di politiche efficaci e di progettualità con il fine di raggiungere la parità. 

Con queste premesse, accade che la quantità di lavoro di cura non retribuito (il prendersi cura dei figli e dei familiari anziani o non autosufficienti) che ricade sulle donne sia sproporzionata rispetto a quella degli uomini. Sulla base di un’analisi dei dati del 2019 di 33 Paesi, che rappresentano il 54% della popolazione mondiale in età lavorativa, la percentuale di tempo dedicato al lavoro non retribuito da parte degli uomini rispetto al totale del lavoro è stata del 19%, mentre per le donne è stata del 55%. (Fonte: WEF) Inoltre, il tasso di disoccupazione è costantemente più alto per le donne così come il livello di stress.

Queste aspettative nei confronti delle donne fanno sì che, anche nel nostro Paese, esse non rivestano posizioni apicali nel pubblico ma soprattutto nel privato e in politica. Un maggior numero di donne nella leadership politica porterebbe a decisioni che rappresentano una parte più ampia della popolazione

Inoltre, nonostante un livello di scolarizzazione pari a quello degli uomini, le donne continuano a essere sottorappresentate nelle discipline scientifico-tecnologiche cosiddette STEM (acronimo di Science, Technology, Engineering, Mathematics), con la conseguente perdita di talenti ed opportunità di cui l’intera società beneficerebbe.

Queste macro considerazioni sono evidenti anche nella maggior parte delle aziende italiane dove spesso, in presenza di esigenze familiari particolari, le donne sono costrette ad assentarsi, a ricorrere al part-time o, nella peggiore delle ipotesi, a lasciare il lavoro, privando l’azienda di una risorsa già formata. Inoltre, il gender pay gap porta a demotivazione delle lavoratrici e mancanza di fidelizzazione verso l’azienda. La conseguenza è che una mancanza di pari opportunità nella fase di candidatura, esclude dal mercato del lavoro lavoratrici capaci e di talento.

Oltre ad essere una forma di iniquità sociale non sostenibile.

Le possibili soluzioni per colmare il gender gap

Il Global Gender Gap Report punta a creare una valutazione continua delle disparità di genere, a sostenere la necessità di colmare i divari, a incoraggiare ulteriori ricerche sulle politiche e sulle pratiche efficaci nel promuovere il cambiamento (come leggi che impongano “quote rosa” e parità salariale nelle aziende o che favoriscano la formazione tecnica e scientifica delle donne) e la collaborazione tra pubblico e privato per colmare i divari di genere.

Anche le aziende possono fare molto e hanno sempre più strumenti a loro disposizione. Ne è un esempio la certificazione della parità di genere (UNI/PDR 125:2022). Una misura creata nel 2021 con lo scopo di:

  • raggiungere una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro
  • assicurare equità di trattamento ed uguaglianza tra generi
  • migliorare le condizioni di lavoro delle donne anche in termini qualitativi, di remunerazione e di ruolo
  • promuovere la trasparenza sui processi lavorativi nelle imprese.

Il cambiamento richiesto è a vari livelli e richiede impegno verso la sostenibilità sociale in un contesto orientato all’inclusione, all’innovazione e al change management. È necessario agire sulla cultura aziendale, coinvolgendo dipendenti, rappresentanti sindacali e HR per:

  • sensibilizzare sul rischio di preconcetti culturali, organizzando attività di prevenzione di ogni abuso fisico, verbale, digitale sui luoghi di lavoro; 
  • favorire politiche, oltre al CCNL di riferimento, dedicate alla tutela della genitorialità; 
  • offrire servizi per favorire la conciliazione dei tempi di vita personale e lavorativa e dedicati al rientro post maternità; 
  • garantire l’equità remunerativa per genere; 
  • promuovere le pari opportunità nei processi di selezione, assunzione e promozione; 
  • favorire il ricorso a forme di lavoro flessibili, che siano in linea con le esigenze delle neomamme.

Attraverso il welfare aziendale si possono sviluppare tutte quelle iniziative che hanno come obiettivo il miglioramento della salute e un maggior benessere fisico e psicologico delle dipendenti con ricadute positive sul territorio come ad esempio:

  • smart working non emergenziale: nuovi modelli organizzativi che utilizzano la tecnologia per favorire una migliore conciliazione degli aspetti legati al work-life balance; 
  • asili nido interni all’azienda o in convenzione con strutture esterne, permettono di conciliare meglio lavoro e vita familiare e possono anche migliorare la produttività e l’efficienza delle dipendenti, riducendo l’assenteismo dovuto a problemi legati alla cura dei figli;
  • assistenza agli anziani, che include ad esempio supporto sanitario domiciliare, acquisto di dispositivi medici, servizi di trasporto, per migliorare la soddisfazione e la produttività delle dipendenti, aiutandole allo stesso tempo ad affrontare le sfide che derivano dall’assistenza ai propri cari anziani;
  • previdenza complementare, per garantire maggiore serenità potendo beneficiare di una pensione integrativa al termine della vita lavorativa;
  • sanità integrativa con facilitazione all’accesso a programmi di screening oncologico per le donne e supporto della maternità, sostegno psicologico nella relazione maternità-lavoro o in stati di depressione post partum;
  • centri estivi, con contributo ai dipendenti che iscrivono i figli, accreditato nel loro conto welfare;
  • sostegno al reddito.

Tutte queste iniziative permettono alle aziende non solo di costruire una cultura aziendale positiva con un forte senso di appartenenza e di fidelizzazione per trattenere i talenti al suo interno, ma è anche un potente strumento, da comunicare all’esterno, per migliorare la reputazione aziendale e aumentare la capacità di attraction dei migliori talenti sul mercato, aumentando la competitività rispetto ai concorrenti.

Se sei interessato a conoscere cosa il welfare aziendale può fare per la tua azienda, contatta i nostri esperti.